Una complessa campagna per rilevare il livello di radioattività e la concentrazione di fibre di amianto è in atto da qualche giorno nelle ex miniere di Pasquasia, Bosco San Cataldo e Bosco Palo, fra Enna e Caltanissetta. Si tratta di una zona da dove da anni, a fasi alterne, emergono grida d’allarme per l’elevata incidenza di tumori e neoplasie, che in tanti collegano all’alto inquinamento del territorio. E che puntualmente sono soffocate da qualche politico di turno. Si tratta, infatti, ormai di una sorta di mistero siciliano, destinato, forse, a restare senza risposta nonostante in apparenza le istituzione stiano facendo di tutto per vederci chiaro.
La Provincia di Enna, infatti, responsabile di Pasquasia, è da anni che sembra decisa a voler sapere cosa nascondono gli anfratti di quella cava chiusa per disastro ambientale nel 1992, e da tempo ha infatti istituito una Commissione d’inchiesta da hoc che si occupi esclusivamente di questo.
Eppure, ancora, niente di ufficiale anche se è noto che là sotto sono contenuti oltre venti milioni di chili di cemento amianto, la più grossa quantità di amianto presente in tutta Italia. Le prime informazioni sul sito risalgono, infatti, a oltre venti anni fa quando il pentito di mafia, Leonardo Messina, dichiarò al giudice Paolo Borsellino che quella miniera nascondeva scorie radioattive provenienti dall’Est Europa e sepolte lì da Cosa Nostra. Una dichiarazione che ancora non è stato possibile constatare. Non solo. L’intera zona è stata, da allora, trasformata in discarica abusiva per percolato, amianto e olio cancerogeno, che avrebbero già contaminato ettari ed ettari di terreno e tutte le falde acquifere. Nei pressi di Pasquasia scorre infatti il fiume Morello che dunque starebbe spargendo polveri e fibre di amianto in una regione vastissima. Ma le sorprese di Pasquasia non finiscono qui. La Commissione avrebbe, già un anno fa, scoperto che l’Enea, all’epoca Comitato nazionale per la ricerca e lo sviluppo dell’energia atomica, nel 1986 aveva iniziato, per poi interromperli per le proteste della popolazione, una serie di esperimenti sulla capacità dell’argilla di isolare, anche ad altissime temperature, le scorie radioattive. Una pratica sempre negata da Enea, che in un documento Enea avuto dalla Commissione sottolinea che in quel sito sono state svolte “indagini geologiche che non hanno comportato l’utilizzo di alcun tipo di materiale radioattivo”. Si sarebbe trattato, secondo l’Enea, di una “campagna sperimentale di acquisizione di dati geomorfici in profondità che ha comportato il prelievo di campioni di argilla sui quali sono state effettuate, presso i laboratori dell’Enea, misure geotecniche e di parametri termici”.
E intanto, al di là di quel che è stato, si inseguono le voci di un progetto che vedrebbe Pasquasia trasformarsi nel deposito di tutto l’amianto che si trova in Sicilia. Notizia che ha allarmato la cittadinanza intera vista che a darla è stato un funzionario dell’assessorato regionale al Territorio e all’Ambiente. Funzionario che è stato presto smentito dal Presidente della Commissione per le miniere dismesse URPS Giuseppe Regalbuto (Pdl) che ha precisato che l’unica futura destinazione probabile di Pasquasia è la bonifica e tornare a essere una miniera attiva. “Questa è l’unica notizia ufficiale autorizzata sullo stato attuale di Pasquasia, – ha dichiarato – nessun dipendente regionale è autorizzato a divulgare notizie diverse, per ben due ordini di motivi: uno perché si tratta di personale assolutamente non titolato a farlo; l’altro perché trattasi soltanto di mere voci di corridoio, infondate, ma volutamente tendenti ad infangare la verità e l’operato di chi da anni si batte per la riapertura di una miniera che può ancora, a tutti gli effetti, rilanciare l’economia non solo della provincia ennese ma del Centro Sicilia. Il lavoro fino ad oggi portato avanti –prosegue Regalbuto – prima dalla Commissione speciale Pasquasia, e dopo dalla Commissione URPS, ha portato frutti concreti e l’unica strada percorribile è quella della riapertura. Non permetterò mai a nessuno di usare Pasquasia, se non solamente ai fini produttivi. Per tutte le persone che cercare di creare allarme, dico solo che devono evitare di allarmare la gente e di screditare anni di duro lavoro. Se costoro vogliono collaborare possono benissimo contribuire, ma solo ed esclusivamente, per la riapertura della miniera, unica fonte, fra quelle poche di produzione di questa Provincia”. “Rassicuro tutti – conclude Giuseppe Regalbuto – che l’unica voce ufficiale è quella che porta alla riapertura della miniera”.
Ma l’ex presidente del consiglio provinciale, Salvatore Bevilacqua, non ci sta a sminuire. “Credo che in attesa di una risposta ufficiale sulla situazione della miniera, al di là di come stanno effettivamente le cose ed in attesa di verifica di quanto accaduto, bisogna dire che è un problema estremamente grave – ha dichiarato l’avvocato Bevilacqua – Infatti o la notizia è vera ed allora la situazione è drammatica di per sé stessa, o è quanto meno imprecisa ed allora è altrettanto grave che da parte della Regione (per li tramite del suo funzionario) si sia creato un tale allarme sociale. Quindi data questa situazione, non resta altro da fare che chiedere ed ottenere l’urgentissima convocazione dei Consigli Provinciali di Enna e Caltanissetta e dei Comuni interessati con le rispettive amministrazioni sul sito della miniera e con la presenza del Presidente della Regione e dell’Assessore Regionale al ramo affinchè sia chiarito definitivamente quale sarà la sorte della miniera Pasquasia e le possibilità di riprese estrattive” .
Ma intanto i 21 milioni di euro messi a disposizione per bonificare Pasquasia non sono sufficienti o sono arrivati troppo tardi perché la gente continua ad ammalarsi. Gli esperti regionali del registro mesotelioni, la patologia legata all’esposizione alla polveri di amianto che danno origine ad abrasioni e a varie affezioni cancerogene, ammettono che il picco dei casi deve ancora venire e si registrerà intorno al 2020. Nell’ultimo decennio, in Sicilia, si sono registrati 850 casi di mesotelionia.
E questa è Pasquasia. E che dire sulla ex miniera di zolfo di Bosco, a pochi chilometri da San Cataldo e del lago Soprano di Serradifalco, nel Nisseno? Sembrano nascondere scorie radiattive, tanto che la Provincia di Caltanissetta ha richiesto all’Arpa Sicilia un monitoraggio della radioattività ambientale delle zone sospette. Prontamente l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente ha disposto un programma di rilevamento che è tutt’ora in atto e che sarà ultimato tra qualche mese.
Secondo i dati emersi dai primi rilevamenti dell’Arpa Sicilia, non risulterebbe, per il momento, nulla di anomalo. Ma, come sottolineato dal commissario straordinario Salvatore Cocina, è bene aspettare la fine del monitoraggio per potere dare delle risposte chiare. “Si tratta di una complessa campagna sulla radioattività da me ordinata sui siti di Pasquasia, Bosco San Cataldo e Bosco Palo, – ha spiegato al telefono il commissario straordinario dell’Arpa Sicilia – visto il tema così delicato, vogliamo fugare ogni dubbio su voci alimentate anche dalla stampa. Sapremo di più alla fine della campagna”.
L’allarme sulla presenza di rifiuti pericolosi nella ex miniera però si rincorrono da tempo e sarebbero le scorie radioattive prima depositate a Pasquasia e oggi nascoste proprio a Bosco. L’intreccio si complica.
Di: Stella Spinelli
Fonte: http://www.eilmensile.it/2012/03/13/sicilia-un-cuore-di-scorie-e-amianto/
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