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giovedì 15 gennaio 2015

Il XX secolo, un secolo dalle mille contraddizioni. Parte II


 Seconda parte della tesina che ripercorre a grandi linee il secolo breve (1914-1991). La tesina è stata scritta per l'Università di Catania. 

Quella che in America veniva chiamata “criminalità organizzata” in Italia e sopratutto in Sicilia prende il nome di Mafia, difficile poter capire quando effettivamente la parola Mafia sia stata pronunciata, di certo però sappiamo che dal '900 in poi il fenomeno ha cominciato a diffondersi a macchia d'olio, profetica risultò essere la frase pronunciata da Don Luigi Sturzo:

“La mafia diventerà  più crudele e disumana. Dalla Sicilia risalirà  l'intera Penisola per forse portarsi anche al di là  delle Alpi.”

Una vera e propria lotta alla Mafia venne condotta dal Fascismo a partire dal 1924 con l'invio, da parte di Mussolini, del Prefetto Cesare Mori, lo stesso Prefetto che fu, in precedenza ostile allo squadrismo fascista  essendo stato, prima del nuovo incarico, Prefetto di Bologna.

Cesare Mori si era contraddistinto per la sua fermezza e per la sua durezza
nel portare a termine gli incarichi e nel far rispettare la legge, Mussolini vide in lui l'uomo giusto per contrastare la mafia siciliana che regnava incontrastata.
La storia del Prefetto di Ferro, cosi chiamato per via del suo essere integerrimo, per la sua inflessibilità nel tutelare lo Stato e la legge, è raccontata nel film (1977) diretto da Pasquale Squitieri che rifacendosi all'omonimo romanzo di Arrigo Petacco né ripercorre le tappe fondamentali siciliane.
Il film è molto diretto e senza tanti giri di parole si butta nella Sicilia di allora, una Sicilia ancora arretrata ed in mano alla Mafia, Cesare Mori, che è interpretato da un grande Giuliano Gemma, nel film viene apostrofato come “piemontese”, termine usato dai siciliani per indicare un invasore, il termine nasce dopo che la Sicilia entra a far parte del Regno D'Italia sotto il governo dei Savoia che erano appunto piemontesi.
Elemento principale della Mafia è sicuramente l'omertà, ovvero quell'atteggiamento di silenzio a denunciare reati di cui si è in qualche modo a conoscenza, nel film è possibile notare questo atteggiamento nella popolazione, il Prefetto nonostante i numerosi indizi è impossibilitato ad andare completamente a fondo, poiché sprovvisto di qualsiasi testimonianza o collaborazione, significativa è la scena dell'assedio di Gangi dove il Prefetto Mori con un imponente numero di poliziotti al suo seguito arriva perfino a chiudere le condotte dell'acqua e a procedere al rastrellamento casa per casa, arrestando cosi il brigante Calogero Albanese, che si suiciderà subito dopo.
La figura del Prefetto Cesare Mori è molto forte, lo si vede quando lo stesso viene a scoprire dei legami tra il Fascismo e la Mafia, il colpo di grazia arriva quando verrà nominato Senatore ed è costretto a partire per Roma, il suo posto verrà preso dall'Avv. Galli, colluso con la Mafia.
Il finale del film lascia l'amaro in bocca, il Prefetto di Ferro infatti dichiarerà al suo amico e collaboratore: “Mi sento come un chirurgo che ha operato a metà; che ha fatto soffrire e non ha guarito".
Forse di dubbia moralità le azioni compiute dal Prefetto, a tal punto che la popolazione siciliana si sentiva continuamente sotto assedio e quasi giustificata a coprire i misfatti della Mafia, va però sottolineato che gli storici concordano che l'operato del Prefetto aveva azzerato completamente la mafia siciliana, è provato che la Mafia abbia avuto rapporti col Fascismo, ma è solamente nel secondo dopoguerra la Mafia riprenderà nuovamente a spadroneggiare.

Chiusa la parentesi fascista con l'Italia distrutta dal secondo conflitto mondiale si entra dritti in un periodo storico del '900 ricco di avvenimenti, ricco di guerriglie,vicende e trame che ancora oggi fanno fatica a trovare chiarezza.
Siamo nel pieno della Guerra Fredda tra il blocco USA e il blocco URSS, sono gli anni della strategia della tensione e l'Italia né sarà, suo malgrado, protagonista.
Prima di tutto è giusto chiarire cosa si intende per “strategia della tensione”, in soccorso ci viene il dizionario Treccani che cosi la definisce: “ Strategia eversiva basata principalmente su una serie preordinata e ben congegnata di atti terroristici, volti a creare in Italia uno stato di tensione e una paura diffusa nella popolazione, tali da far giustificare o addirittura auspicare svolte di tipo autoritario.”
La definizione è molto chiara, questa strategia venne messa in atto a partire dagli anni 70,anche se alcuni storici indicano come possibile inizio di questa strategia la strage di Portella della Ginestra (avvenuta del 1947), il termine “strategia della tensione”, fu coniato inoltre da una rivista britannica all'indomani della strage di Piazza Fontana, strage compiuta nel centro di Milano mediante ordigni, la strage portò alla morte 17 persone e 88 feriti. L'attentato segnò tra l'altro anche l'inizio degli “anni di piombo”, cosi definiti data l'estremizzazione della dialettica politica che si tradusse in violenze di piazza, nella lotta armata e nel terrorismo.
Molti furono gli attentati compiuti, in quegli anni poi, in Europa e nel mondo si respirava una  brutta aria a causa della rivalità tra URSS e USA, e l'Italia era un esempio, le Brigate Rosse rapirono e assassinarono il depurato Aldo Moro (1978), il 2 Agosto 1980 alla stazione di Bologna, venne fatta esplodere una bomba che fece ben 85 morti e 218 feriti, i responsabili furono ritenuti alcuni aderenti ai gruppi neofascisti dei NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari), ma anche in questa vicenda, cosi come la maggior parte degli attentati di quegli, la verità venne fuori solo a metà, tanti dubbi e poche certezze, molti furono i depistaggi e le morti sospette, su moltissime di queste vicende ancora oggi la magistratura italiana è al lavoro in attesa di fare giustizia.
Uno spaccato di come funzionassero le cose lo da il film di Marco Bellocchio intitolato “Sbatti il mostro in prima pagina” (1972), il film mette in evidenzia i legami tra polizia,stampa, politica e racconta come un giornale possa manipolare l'opinione pubblica ai fini elettorali. Il protagonista è Gian Maria Volontè nei panni del redattore capo Giancarlo Bizanti.

« Goebbels diceva nei suoi diari che le masse sono molto più primitive di quanto possiamo immaginare. La propaganda quindi dev'essere essenzialmente semplice, basata sulla tecnica della ripetizione, tecnica peraltro modernissima, mandata avanti dalle grandi agenzie pubblicitarie americane. Unique selling proposition - unica proposta di vendita » [Giancarlo Bizanti in una scena del film].

Il giornale, diretto dal Bizanti, appartiene ad un grosso industriale accusato da più parti di essere colui che finanzia gruppi di estrema destra, dunque è già possibile intuire quale sia la direzione del giornale.
Quando viene commesso un omicidio, l'uccisione di una studentessa, la proprietà del giornale invita il capo redattore a seguire il caso, ad elezioni imminenti e in un clima in cui i comunisti sembrano poter dominare la scena politica, il giornale ha l'occasione di incastrare un militante di estrema sinistra, il film si intreccia nei rapporti tra il capo redattore Bizanti, la politica e sopratutto con la polizia, con cui collabora in maniera assidua.
Il film è uscito in un contesto in cui il dibattito politico aveva già raggiunto un clima rovente, non sono mancate infatti pesanti critiche, nonostante ciò il film risulta essere profetico, saranno poi molti coloro che si serviranno della stampa per fini politici.
Seguendo la trama del film è possibile notare come il giornale si adoperi a tutti i costi a “sbattere il mostro in prima pagina”, servendosi inoltre dell'aiuto di una donna innamorata, ma delusa dal militante di estrema sinistra,  il messaggio che il giornale vuole dare al lettore è chiaro, da un lato vuole rasserenarlo facendogli credere di aver trovato il colpevole, dall'altro vuole metterlo in guardia dal pericolo comunista, infatti il giornale si prodiga a sottolineare l'idea politica del malcapitato in modo che l'opinione pubblica identifichi in quell'ideologia il mostro descritto dal giornale. Il finale mette in luce il vero responsabile dell'omicidio, ma il giornale e i lettori hanno già decretato chi sia il vero colpevole.
Il film rappresenta perfettamente il modo di agire di quegli anni e sopratutto descrive perfettamente il clima di guerra fredda e l'odio verso il comunismo.

[FINE SECONDA PARTE]

Benito Rausa
(se dovete copiarla, citate la fonte, pena le mie maledizioni).

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