La riforma-Di Paola prevede 39 mila militari in meno. Ridotti di 30 unità i caccia F-35
ROMA
Il dimagrimento della Difesa sarà «coraggioso, ma doloroso». Parola del ministro Giampaolo Di Paola. A cui dà manforte il professor Monti in persona: «E’ una riforma nata dopo una profonda analisi di tipo strategico sia a livello nazionale che internazionale e che ha affrontato anche questioni economiche». Si taglierà sul personale: l’esercito dovrà fare a meno di 22 mila soldati, la marina di 7 mila marinai, l’aeronautica di 10 mila avieri. La «cura» colpirà soprattutto i marescialli e gli ufficiali allo scopo di riequilibrare le diverse anime, dando più peso ai volontari di truppa e ai sergenti. Ma l’operazione servirà soprattutto a
«ricapitalizzare» le forze armate. Epperò il bilancio della Difesa non si ridurrà. Sarà «rimodulato», per stare alle parole dei tecnici. Si trasferiranno risorse sugli investimenti e sull’addestramento. Gli investimenti su nuovi sistemi di arma saranno aumentati, non diminuiti. Nella generale revisione della spesa, comunque, sarà sforbiciato il programma di acquisizione dei nuovi cacciabombardieri F-35. La Difesa è ormai rassegnata a ridimensionare i suoi ordini: dei 131 messi in preventivo, si dovrebbe accontentare di 96-100 nuovi aerei nell’arco di dieci anni.
«Lo scenario geo-strategico internazionale continua ad essere caratterizzato da grande incertezza; ne consegue che le forze armate devono continuare ad essere pienamente integrabili con quelle degli alleati, ma devono anche essere allo stesso livello tecnologico», si legge sul comunicato finale del Consiglio dei ministri. E’ la premessa logica della rivoluzione che Di Paola illustrerà oggi in Parlamento. Trasformare le forze armate attuali, che rischiano di essere uno «stipendificio», in uno strumento più snello, libero di superfetazione e doppioni, gravato per il 70% dalle spese per il personale e pericolosamente impoverito sul versante degli investimenti. I generali vogliono nuove armi tecnologicamente avanzate, infatti, per poter partecipare appieno alla costruzione delle future forze armate europee. In questo senso, l’F-35 è confermato nelle grandi linee. «Perché ha un valore tecnologico, strategico, economico e anche occupazionale», spiega Di Paola.
Ne compreremo un centinaio. Ma secondo i piani della Difesa, a Cameri (Novara), a cura di Finmeccanica, si monteranno ali e fusoliera in titanio di ben 1200 velivoli. Praticamente tutti gli F-35 che si venderanno in Europa e Asia passeranno per Novara. E ci sono 20 aziende che hanno già vinto commesse. Altre 25 sono in corsa. E’ vero quindi che l’Italia ha messo in preventivo di spendere 15 miliardi di euro, ma dal lavoro di allestimento ne dovrebbero rientrare 13,2. E se si tagliassero 30 velivoli, ciò comporterebbe un risparmio di oltre 2 miliardi di euro.
La Tavola della Pace di Assisi resta contrarissima a «una delle più micidiali armi da guerra mai costruite, che costa circa 115 milioni di euro al pezzo» e si appella ai parlamentari perché blocchino l’ordine. Ma finora il ministro ha convinto tutti, sia Monti, sia Napolitano, e da oggi sarà impegnato alle Camere, che al contrario bisogna spendere molto in tecnologie militari se si vuole restare «nel solco della riflessione europea e atlantica». L’obiettivo è accrescere la capacità operativa. In questo senso si potrebbero anche accorpare un paio di brigate operative (forse la brigata aeromobili «Friuli» potrebbe fondersi nella «Folgore»), ma soprattutto cancellare i doppioni. E non ci sarebbe da meravigliarsi se la Difesa investisse di più sulle forze speciali e meno sulle truppe corazzate. «Meno generali e ammiragli, più operatività e tecnologia», è lo slogan di Di Paola.
Fonte: http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/442582/
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