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venerdì 18 marzo 2016

Le trivelle e il referendum del 17 Aprile. Facciamo chiarezza?

In Italia i referendum hanno perso la loro “anima” e sopratutto da strumenti di partecipazione sono divenuti delle semplici consultazioni dove lo spreco di denaro è il vero protagonista.  Nel corso dei decenni infatti, la partecipazione ai referendum è drasticamente calata, nei passati referendum abrogativi (cioè dove si prevede l’abrogazione di una norma) il tasso di partecipazione è sempre stato elevato, ad esempio il referendum sul divorzio ha raggiunto l’87% d’affluenza e grossomodo il dato dell’affluenza è stato sempre alto fino agli inizi degli anni 90.

Oggi il referendum lascia un certo amaro in bocca, la vicenda dell’acqua pubblica (per citare la più recente) ne è una prova, il risultato dello stesso non è stato recepito e la scelta del popolo è stata disattesa, ciò provocherà (e ha provocato) inevitabilmente una ulteriore sfiducia nei confronti delle istituzioni politiche con la probabilissima  conseguenza del crollo dell’affluenza nei referendum che verranno. Questo è un errore clamoroso da non commettere assolutamente, a prescindere dalla pessima gestione, il referendum , come strumento di partecipazione,  è di vitale importanza per monitorare l’interesse dei cittadini nei confronti di tematiche che interessano l’intera Nazione.

Assai spesso i governi scoraggiano la partecipazione per misurare il proprio consenso politico, la consultazione referendaria andrebbe comunque svolta per far valere i propri diritti tralasciando la becera tattica del governo (o dell’opposizione) del “non voto”, vi ricordo sempre che il referendum ha dei costi elevati che si abbattono sulle casse statali e di conseguenza sulle nostre.

Il referendum  del 17 Aprile 2016, nello specifico, di cosa parla?  C’è molta confusione,  probabilmente creata ad hoc per scoraggiarne la partecipazione, ma andiamo nel dettaglio, qual è il quesito che troveremo sulla scheda?  Eccolo qui:

“Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, Norme in materia ambientale, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 ‘Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita’ 2016)‘, limitatamente alle seguenti parole: ‘per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale‘?”

Subito salta all’occhio che il referendum non va ad intaccare un’intera norma, ma solamente un determinato articolo di essa e va a limitarsi alle parole sopracitate.  Il quesito, dunque, chiede di cancellare l’articolo 6 che permette di trivellare fino a quando il giacimento non si esaurisce, tutto ciò riguarderà le operazioni che sono già in atto entro le 12 miglia dalla costa, si escludono quindi quelle sulla terraferma. Possiamo inoltre aggiungere che il d.l. 152 prevede già il divieto di nuove attività, il quesito infatti fa riferimento solamente a quelle attività ancora in funzione.  

Che succede se vincono i “Si”?

Di certo, in Italia non  si smetterà di trivellare, il quesito infatti (come detto sopra) non va ad intaccare l’intera normativa, e allora che succede?  Semplicemente, alla scadenza dei contratti, verranno bloccate tutte le concessioni per estrarre petrolio entro le 12 miglia dalla costa. Il tutto riguarderà 21 concessioni su 106 (di cui 7 in Sicilia), in pratica, questi impianti nel giro di qualche anno verranno chiusi.

E che succede invece, se vincono i “No”?

Chiaramente lascerebbe la cosa invariata, vale a dire che, le eventuali ricerche potranno proseguire fino alla scadenza , le compagnie potranno in seguito presentare una richiesta di prolungamento dell’attività di ricerca, ovviamente, nel rilasciare ulteriori concessioni, si terrà sempre conto dell’impatto ambientale.

Non verrà in alcun modo intaccata la normativa che fa riferimento alle trivellazioni sulla terraferma e di quelle condotte oltre le 12 miglia dalla costa.

La vittoria dei “Si” potrebbe comportare una perdita d’occupazione lavorativa? Chiaramente si, chiudendo gli impianti è logico che potrebbe esserci questa conseguenza, ma questa è una faccenda che riguarda più l’azienda che gestisce le trivellazioni.

L’Italia non ci perderebbe economicamente? Non molto, perché l’Italia copre il proprio fabbisogno energetico comprando all’estero (dal gas, allo stesso petrolio), dunque questo referendum cosa cambierà realmente?

Poco e niente, la vittoria del “Si” potrebbe essere un segnale da parte della popolazione ai governi di attuare delle politiche energetiche basate più sulle rinnovabili piuttosto che sui combustibili fossili, mentre il “No” potrebbe essere invece un segnale opposto cioè quello di sfruttare (nel rispetto dell’ambiente) tutti i giacimenti di combustibile fossile.

Qualunque sia la vostra scelta non importa, andate a votare e rendetevi protagonisti delle scelte del vostro Paese, personalmente andrò a votare ma riguardo al raggiungimento del quorum, affinché il referendum sia valido, nutro parecchi dubbi, spero di essere vivamente smentito. 

Spero di aver fatto un po' di chiarezza.

Benito

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